La Murgia dei Trulli, tra Martina Franca ed Alberobello, Locorotondo e Cisternino è un luogo che parla all’anima della gente.
Un posto dove ti interroghi sul senso delle cose. Un luogo che ancora oggi ti parla di ieri, della fatica di costruire un paesaggio rurale tra le dure rocce di calcare.
Il bianco abbacinante di calce delle case e dei trulli, il grigio dei calcari, il marrone bruciato intriso di bolo delle terre, il verde del grano che cresce, il grigio-verde delle foglie di ulivo che stormiscono al vento…tutto ci parla della terra: la Murgia dei trulli è un paesaggio culturale, un vero e proprio paesaggio di pietra costruito dall’uomo.
La Valle d’Itria, da sempre patrimonio Unesco, è un pezzo di cultura autonoma, specifica, del nostro Paese. Un luogo che se non ci vai, non lo hai visto. Un luogo che non si capisce ne dalla tv, ne dalle riviste patinate.
Perché il sapore della sua cucina, l’odore della sua terra, il calore delle sue pietre, non si possono trasmettere ancora con nessun altro mezzo che non siano i cari,vecchi, cinque sensi del viaggiatore accorto.
Le Murge terra di pietre. La geografia influenza sempre la storia. E mai in Italia, come in Puglia, è così evidente l’origine umana del paesaggio attuale.
La Puglia, infatti, è sede di antichissime frequentazioni umane, che ne hanno modellato il volto, asservendo la natura dei luoghi alle varie esigenze agricole delle diverse popolazioni che vi si sono insediate.
Con esclusione di alcuni residui lembi di macchia mediterranea e di alcune zone umide litoranee, quindi la copertura vegetale esistente nella Puglia pianeggiante è per intero dovuta all’opera dell’uomo.
Non a caso, infatti, è la regione italiana con la minor copertura boschiva. Modificazioni di rilievo, del resto, con asce e vomeri di metallici, risalgono ai mitici Japigi, in età classica, che produssero i primi diboscamenti.
Cambiano i popoli, cambiano le forme di governo, ma i diboscamenti continueranno in favore della cerealicoltura, della viticoltura e dell’olivicoltura.
È questo, soprattutto nel cuore della Puglia collinare, le Murge, che significò immani sforzi per “coltivare la pietra”!
Non ha torto questa parte della regione fu definita, infatti, Puglia petrosa (la voce Murge richiama il significato lessicale di pietra, roccia).
Sono luoghi la cui natura calcarea è evidente, poiché l’ossatura dei calcari è quasi dappertutto alla superficie, e pietre e sassi biancastri o grigiastri spuntano da ogni dove dal suolo magro, asciutto ad arso dal sole.
È un paesaggio unico ed affascinante quello carsico. Un paesaggio che deve essere apparso quasi una sfida agli uomini che nei secoli lo hanno colonizzato.
Là dove oggi ci sono le masserie, i muretti a secco ed i bellissimi centri storici, l’uomo ha dovuto spaccare pietre, trasportare il terreno dalle valli, terrazzare le colture, recintare le proprietà con le pietre rimaste, costruire le abitazioni con abbondanti “chianche” (una tipica pietra calcarea nastriforme).
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: uno splendido paesaggio agrario punteggiato dal bianco delle masserie tra i coltivi; la Valle d’Itria con i suoi vigneti circondanti trulli d’ogni foggia e dimensione, nonché intersecata da una miriade di muretti a secco.
Principale protagonista: la pietra. Dai dolmen ai menhir, dai trulli alle masserie, dalle case bianche di calce ai castelli normanni, sia le chiese romaniche sia quelle barocche, la storia dell’uomo sulle Murge è storia di pietre.
Una storia agraria in gran parte rispettosa delle vocazioni naturali dei luoghi. L’intatta esistenza di una grande estensione di bosco sul gradino murgiano sudorientale, così come intorno ai maggiori rilievi collinari della Murgia alta, testimonia la capacità dell’equilibrio tra natura e cultura economica del pascolo, delle messi, dell’ulivo, della vite che gli uomini del passato hanno saputo realizzare.
Un’economia che, mantenendo in condizioni di semi-naturalità gran parte del territorio, ha contribuito alla nascita di un vero e proprio ecosistema: il muretto a secco.
Nella recinzione di prati e vigneti, in Puglia, il muretto ( sia basso o a “paretone”) è sempre presente.
Con il suo insieme di bolo e terriccio, infatti, favorisce l’insediamento di muschi e licheni, felci e svariate piante tipiche degli ambienti ruderali.
I mille anfratti e muretto attraggono molti invertebrati (chiocciole, millepiedi, scolopendre, ragni, coleotteri), rettili (lucertole, ramarri, colubri e vipere), uccelli (vi nidificano, tra gli altri, l’upupa e lo scricciolo) e piccoli mammiferi (donnola, moscardino e varie arvicole).
Un insieme di natura e cultura frutto degli antichi equilibri agropastorali, quindi, che merita tutta la nostra attenzione, per valorizzare la testimonianza di un più equilibrato rapporto tra l’uomo e la sua terra.