Gran Paradiso

sui sentieri del parco nazionale gran paradisoIl Gran Paradiso è il decano dei parchi nazionali italiani. Comprende l’omonimo massiccio e cinque valli principali. Ha una quota minima di 800 m e si eleva fino alla cima del Gran Paradiso a 4.061 m.

E’ costituito per il 62% di morene, rocce, acque e ghiacciai; per il 17% di praterie e pascoli; per il 20,2% di boschi e arbusteti e per lo 0,8% di aree urbanizzate e coltivi. Il territorio ha caratteristiche di grande naturalità, e oltre il 60% ha una quota superiore ai 2200 m. di altitudine. La sua storia è legata indissolubilmente a quella della salvezza dall’estinzione di un animale-simbolo delle Alpi: lo stambecco.

lago rosset - parco nazionale gran paradisoLe cime principali: Gran Paradiso di 4.061 m, Becca di Montandaynè di 3.838 m, Ciarforon di 3.642 m, Grivola di 3.969 mt, Herbetet di 3.778 mt, Tresenta di 3.609 m, Roc di 4.026 m, Rosa dei Banchi di 3.164 m, Levanne di 3.619 m, Torre Lavina di 3.308 m. Per ben14 km, lungo la catena delle Levanne, nel versante piemontese, il Parco confina con il parco nazionale francese della Vanoise, istituito nel 1963, che è esteso su 53.000 ettari, cui si sommano altri 140.000 ettari di preparco, il quale ha ambienti del tutto simili a quelli italiani ed ospita 1.000 stambecchi e 4.500 camosci. Insieme, i due parchi costituiscono una grande area protetta sulle Alpi di oltre 123.000 ettari, di grande rilievo naturalistico. Nel 2006 è stato insignito del Diploma Europeo delle Aree Protette.

Il Paesaggio del Gran Paradiso

Il Parco si presenta con un’area compatta di circa 70.300 ettari, di cui il 48% in Piemonte e il 52% in Valle d’Aosta, intorno al massiccio del Gran Paradiso. Il paesaggio è alpino d’alta quota, con valli strette sormontate da crinali rocciosi e ghiacciai. Si estende su cinque vallate principali, le valdostane val di Cogne, Valsavarenche e val di Rhêmes, le piemontesi valle dell’Orco e val Soana.

Il Gran Paradiso, coi suoi 4.061 m d’altezza, è l’unico ‘’quattromila’’ interamente in territorio italiano. La sua cima, perennemente ghiacciata, fa da riferimento per tutti gli escursionisti di questo bellissimo parco, non attraversato da strade. Quello del Parco è un ambiente tipicamente alpino, decisamente difficile, regno della neve e delle basse temperature, generalmente al di sotto dello zero. Sulle creste battute dal vento, in inverno, spesso la temperatura è di 30-40 gradi sotto zero. Ma anche d’estate, durante la notte, le temperature raggiungono a volte il punto di gelo. Nelle giornate estive, invece, la rarefatta aria di monte raggiunge anche i 40-50 gradi. Una bella escursione termica! In un anno la differenza può essere di 80° mentre quella giornaliera di 40°. Ma la differenza di temperatura si registra anche in variazione dell’altitudine, scendendo di circa 0,6° ogni 100 m.

In pratica tra il punto più basso (m 800 in valle dell’Orco) e la cima del Gran Paradiso, c’è una differenza di circa 19°. Il versante valdostano è più arido e asciutto. Le valli di Rhemes e Valsavarenche sono fra le più “strette” delle Alpi, con orientamento nord-sud. Il versante piemontese, rivolto a sud, è più piovoso per l’influenza dell’aria umida della pianura.

La flora del Gran Paradiso

val di cogne, parco nazionale gran paradisoLe caratteristiche ambientali, influenzano direttamente la copertura ed i popolamenti vegetali. La flora è quella tipica delle Alpi occidentali ed in particolare delle Alpi Graie. Vi si rinvengono piante dell’area continentale ma anche alcuni interessanti esempi di specie di origine steppica e mediterranea, soprattutto in Valle di Cogne. La struttura geologica favorisce sia piante tipiche degli ambienti silicei, con suoli acidi, sia tipiche dei substrati sedimentari, con suoli basici. Le foreste occupano solo il 6% del Parco, anche perché i suoi confini sono piuttosto in quota, mediamente sui 1.500 m. Lasciate le praterie ed i paesi dei fondovalle, i sentieri del Parco si immergono in belle foreste, ed è qui, soprattutto nel versante piemontese, che si possono incontrare gli unici esempi di bosco di latifoglie (castagneti e faggete). Altrimenti il patrimonio forestale del Parco è costituito da peccete (abete rosso) e laricete, che alle quote superiori e nei versanti più freschi si mescolano con maestosi esemplari di pino cembro. Verso i 2.000 m i boschi si diradano in favore dei pascoli e delle pietraie, regno dei rododendri; a queste quote, nella bella stagione, ogni zolla è un giardino botanico. Fioriscono la nigritella, la stella alpina ed il giglio di monte, l’androsace delle Alpi, il genepì maschio, la sassifraga retusa ed il ranuncolo dei ghiacciai. Non mancano specie rare ed endemiche delle Alpi occidentali. I prati sono il regno di nardo e festuca, con carlina e cardo spinosissimo.

Molte piante, per adattarsi alle avverse condizioni climatiche, hanno manifestato fenomeni evolutivi che ne hanno ridotto le dimensioni. Un esempio di nanismo è la Gentiana nivalis. Altro adattamento molto frequente è la pelosità di foglie, fusti e persino di fiori, come nell’anemone di primavera; oppure il forte sviluppo radicale con una piccola porzione fuori terra, come nel caso della Campanula cenisia, dell’eritrichio nano e di alcune graminacee. Altre piante, invece, per difendersi dai venti, hanno sviluppato una forma a ‘’cuscinetto’’, come nel caso della Silene acaulis e di alcune sassifraghe Eppure tutto ciò non significa povertà di specie o incapacità di adattamento, basti pensare alle numerose specie che crescendo sui detriti a pochi metri dalla cima della Grivola detengono il primato latitudinale nel Parco. Ma se non siete alpinisti esperti, il modo migliore, e alla portata di tutti, per ammirare il grandioso patrimonio floristico del Parco è sicuramente quello di visitare il giardino alpino Paradisia, a Cogne; inaugurato nel 1955, si estende su una superficie di poco più di un ettaro, sullo sfondo dell’imponente massiccio del Gran Paradiso. Ospita circa 1.000 specie, suddivise per ecosistemi, sia del Parco sia delle Alpi,ma anche di altre montagne del pianeta, nonché delle regioni artiche ed antartiche. Qui potrete ammirare, tra l’altro, una rarissima specie che cresce solo in Valle di Cogne e su alcune montagne del Nord Africa, Aethionema thomasianum, ma anche altre specie molto rare per le Alpi quali Astragalus alopecurus, Potentilla pensylvanica, Linnaea borealis, Jovibarba allionii e Viola pinnata. Il giardino deve il suo nome ad un bellissimo giglio bianco, Paradisea liliastrum, che cresce spontaneo nelle praterie del giardino. Bellissimi sono i meandri della piana glaciale e alluvionale del Nivolet, in cui si osservano rare comunità vegetali.

La fauna del Gran Paradiso

cogne, parco nazionale del gran paradisoLa storia del Gran Paradiso è la storia di un salvataggio riuscito, quello dello stambecco, una imponente capra di montagna che dopo le glaciazioni aveva trovato rifugio nelle alte quote dell’arco alpino, così simili a quelle tundre ormai scomparse. Nel 1821 ne restavano in tutto un centinaio di esemplari, solo ed esclusivamente intorno al massiccio del Gran Paradiso. L’istituzione della reale riserva di caccia nel 1856 e quella del Parco nel 1922 ottenne gli effetti desiderati: nel 1932 gli stambecchi raggiunsero la cifra record di circa 4.000 individui. Ma in soli 13 anni la mano dell’uomo provò nuovamente ad estinguere la specie. Nel 1945 ne sopravvivevano solo 420, ridotti sui più erti pendii e sulle più ardue cime. La colpa era da attribuirsi alla sostituzione delle guardie reali con la milizia forestale non proveniente dal territorio e quindi meno capace di prevenirne i problemi. Ma il colpo di grazia, sicuramente, lo dette la guerra, a causa del rafforzato bracconaggio di gente ridotta alla fame. La fine di quella terribile stagione di guerre è anche l’inizio di una solida azione di conservazione della natura nel nostro Paese. Lo stambecco viene salvato e dal Parco, oggi, è stato reintrodotto praticamente su tutte le Alpi ed in moltissimi paesi europei: Capra ibex è un autentico simbolo della natura ed un monito per tutti noi, che abbiamo corso il rischio di perderlo per sempre. Questa specie si rifugia in luoghi rocciosi ed impervi durante gli inverni, preferendo evitare i suoli innevati. Per questo i pendii ricoperti d’erba e le rocce a picco sono il luogo dove risiede, a differenza del camoscio adattato a spostarsi anche in presenza di un fitto manto nevoso. A causa della sua scarsa tolleranza alle alte temperature d’estate lo stambecco si spinge sino ai 3.000 m, in particolare durante il giorno, scendendo di quota per alimentarsi nelle ore più fresche. Nel mese di novembre i camosci ed in dicembre-gennaio gli stambecchi hanno la loro stagione degli amori, si incontrano e si rincorrono sui pascoli e sui ghiaioni, ma anche su cenge impervie. In pieno inverno gli stambecchi utilizzano le riserve di grasso, in genere senza scendere troppo di quota, mentre i camosci tendono maggiormente a ripararsi nel bosco, giungendo alle volte a poca distanza dalle case. Nel mese di maggio, invece, sono gli stambecchi a scendere di quota in modo più deciso, facendosi osservare in aree prossime ai fondovalle. Circa 2.600 stambecchi e 9.000 camosci sono la grande attrazione naturalistica del Parco. I camosci restano ancora diffidenti, anche per gli innocui turisti amanti dei parchi, perché fuori dell’area protetta ne viene praticata la caccia. Ma se queste specie sono diffidenti, ve ne sono altre che, con un po’ di pazienza, si potranno avvistare da molto più vicino: si potrà così passeggiare tra i fischi di allarme delle marmotte, magari avendo la fortuna di osservare una lepre alpina, una pernice bianca o un ermellino, il cui accorto mimetismo le rende praticamente invisibili sulla candida neve o sulle brune rocce d’estate. I predatori presenti sono solo volpe, martora, faina e donnola, oltre alla grande aquila reale, avvistabile in tutto il Parco. Anche se erano più di due secoli di assenza, in val di Rhemes si è riaffacciata occasionalmente la lince, in ripresa un po’ su tutto l’arco alpino. L’ultimo esemplare era stato abbattuto nel 1918; stessa sorte dell’ultimo lupo, abbattuto intorno al 1862, e oggi ricomparso stabilmente. Sono i cosiddetti ‘’nocivi’’: animali stupendi, perfettamente adattati all’ecologia alpina, con il solo torto di competere con alcune abitudini alimentari o sociali dell’uomo. Critico, invece, qualsiasi pronostico sul ritorno dell’orso, il cui ultimo esemplare fu abbattuto nel 1856. Più rosea è la situazione dell’avifauna. Tra i sassi delle alte quote si avvisterà facilmente il culbianco, oltre che il sordone, il pettirosso ed il fringuello alpino. Al confine col bosco volano il gheppio, lo sparviere e la poiana, mentre al primo disgelo vi si svolgono le danze nuziali del gallo forcello. Tra i boschi più integri vivono il picchio rosso maggiore ed il più raro picchio nero, mentre nelle notti preda furtivo il gufo reale, il più grande rapace notturno d’Europa. Un’altra sagoma di grande rilievo è quella del gipeto, il più grande avvoltoio alpino il cui ultimo esemplare fu abbattuto nel 1912, ma che è stato reintrodotto in Alta Savoia nel 1987. Uno degli uccelli più avvistabili è il gracchio alpino, vero signore dell’aria e dei venti a queste quote più estreme, cui a volte si associa il più massiccio corvo imperiale. Un’altra caratteristica del Parco è la ricchezza di fauna entomologica, che non si riscontra in aree simili. A tutt’oggi alcune varietà non sono state ancora completamente studiate, quindi non possiamo escludere che la scienza ci riservi qualche altra sorpresa nel valutare il patrimonio di biodiversità del massiccio e delle zone circostanti. Sono presenti Catops carcinus e Bembidion glaciale, così come si può osservare anche la nota Formica rufa, imenottero sociale organizzato in grandi e vistosi formicai. I rettili popolano prevalentemente le grandi pietraie di cui il Parco è ampiamente dotato. Non solo la temuta vipera comune, ma anche la lucertola vivipara, il ramarro occidentale, l’orbettino e la coronella girondina. Nelle pozzanghere e nei laghetti è abbondante la rana temporaria, mentre l’ittiofauna non è particolarmente significativa. Si segnala la trota marmorata, presente insieme a diverse altre specie di trota introdotte per la pesca, spesso colpevoli di inquinamento genetico della specie autoctona.

La geologia del Gran Paradiso

La formazione geologica è varia, con rocce di diversa età e provenienza, con gneiss sovente ricoperti da scisti calcarei variamente metamorfosati, derivanti da sedimenti marini dell’era mesozoica. Anche se l’aspetto geologico attuale è di una certa omogeneità, poiché il territorio è costituito per lo più di rocce di origine premesozoica, distinti in due gruppi separati da una fascia di rocce mesozoiche. La prima costituisce il massiccio del Gran Paradiso, formato da gneiss occhiadini derivati da rocce di tipo granitico, e di quando in quando con gneiss a grana fine. Il margine del massiccio è percorso da una copertura di origine mesozoica con quarziti, marmi, dolomie, gessi del Triassico e calcescisti del Lias. La seconda zona costituisce il massiccio del Gran Nomenon e della Valsavaranche, che affiora nella parte nord-occidentale del Parco. Una zona costituita da gneiss della serie permo-carbonifera, micascisti grafitici, prasiniti, dioriti e granodioriti, più o meno trasformate in gneiss, nonché da una copertura mesozoica erosa un po’ dappertutto, costituita da marmi, dolomie e gessi del Triassico, e da marmi micacei e clorotici con brecce. La fascia intermedia di rocce mesozoiche, che comprende la Grivola e la dorsale sinistra della Valsavaranche, è costituita da rocce metamorfiche quali calcescisti, miche, filladi, micascisti del Giurese e del Cretaceo, oltre che ofioliti. La val di Cogne è ricca di filoni di ferro, che attirarono le prime colonizzazioni umane della zona. È un Parco d’alta montagna, con grandi territori ricoperti da nevi perenni e con moltissimi ghiacciai. In primavera, quando parte delle nevi si sciolgono, vengono allo scoperto i circhi glaciali ed i detriti morenici, le praterie alpine ed i laghetti glaciali che alimentano il continuo ruscellare di una miriade di rigagnoli, torrentelli e veri e propri corsi d’acqua. Uno spettacolo geologico di sicuro interesse ci è offerto, nel Parco, dalle morene glaciali. Con i loro affilati crinali e le distese di pietrame, caratterizzano il paesaggio alpino, anche perché sono in espansione a causa del progressivo sciogliersi dei ghiacciai, anche alle nostre latitudini. La formazione della morena, infatti, è dovuta all’accumulo sulla superficie del ghiacciaio di detriti precipitati dalle pareti circostanti. Trasportati a valle dallo scorrere del ghiacciaio, la morena si forma dinanzi o a lato del senso di scorrimento del ghiaccio. Nel Gran Paradiso vi sono morene ormai abbandonate dai ghiacci, come in Valsavaranche intorno ai rifugi Chabod e Vittorio Emanuele II, mentre più instabili sono quelle del ghiacciaio Grand Crou. Nell’alta valle di Rhêmes, ai piedi della Granta Parei, ci sono vaste distese moreniche che comprendono anche il Lago di Goletta.

Insomma è un parco bellissimo che merita assolutamente di essere visitato in tutta la sua vastità.

Un consiglio? Non mancate di andare ai centri visitatori vi troverete gente molto competente e preparata, innamorata del proprio lavoro, che saprà sicuramente darvi lo spunto giusto per scoprire il vostro Gran Paradiso.

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